Magic Love

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  1. Cassandra Blacke89
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    Non aggiorno per ora. Mi dispiace ma è un periodo nero per la mia vena.
    Non riesco a scrivere, mi dispiace tanto Cassy :ave..: :noo!:
     
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    23°Capitolo

    Kaname
    Il treno procedeva a velocità costante, gli alberi, le montagne si muovevano con grande fretta. Erano passate alcune ore dalla nostra partenza, per me già fosse già arrivato, ma avevo preferito un viaggio più confortevole. Yuki si era addormentata con la testa appoggiata sulla mia spalla, l’avevo coperta con la giacca poiché il freddo ancora non era passato.
    Ripensavo alla mia vita. Fino ad ora era stata una lunga e triste vita. Con i soliti balli, con le riunioni, con quegli sguardi che ti guardavano dalla testa ai piedi.
    La mia famiglia era uno degli elementi dell’alta società, un membro importante per il senato. La mia decisione aveva portato scalpore, ma pian piano si era dimenticato.
    Quella vita non faceva per me, non ero al mio agio, e così avevo deciso di trasferirmi, di scegliere un’altra strada. Il ruolo da insegnante mi addiceva molto, potevo captare molti particolari che gli umani non notavano. Amavo il mio mestiere, mi rendeva l’uomo che non ero.
    I miei genitori mi avevano appoggiato, al ruolo di decidere poteva prendere mio padre, lui era perfetto, anche se alle volte mi chiedeva dei consigli.
    Mia madre mi ha sempre domandato chi assomigliasse, forse a uno dei miei antenati.
    Sorrisi, perché ancora non l’aveva scoperto, ma poco importava.
    Grazie a loro, a me, avevo conosciuto lei.
    Yuki mi ha sconvolto, mi ha fatto provare quei sentimenti che mai avrei pensato di provare.
    Quell’infrenabile istinto di proteggerla, di farla mia, di essere suo.
    Noi vampiri siamo cacciatori, ma con lei questo istinto primordiale non aveva successo; quel sentimento mi proteggeva da quell’attacco, grazie a lei che ho scoperto tanto di me.
    Ho ancora il cuore che batte per la sua vicinanza, forse non si fermerà mai.
    L’amore aperto le sue porte e mi ha preso del tutto, spero solo che lei non mi lasci mai!
    La fermata è annunciata dalle casse, scossi un poco Yuki per avvertirla che tra breve saremo arrivati. Lei come un gatto si stirò per poi aprire gli occhi. Occhi magneti che ti catturano e ti fanno dimenticare tutto.
    “Dormito bene?” Chiesi.
    “Si” bisbigliò per poi aggiustarsi la maglietta e ridarmi la giacca.


    La macchina ci stava portando a destinazione, tra breve avrei rivisto i miei genitori, gli avevo annunciato il mio ritorno con una persona, loro si erano subito muniti di domande: non era difficile immaginare chi fosse, entrambi aveva già dei sospetti.
    Mia madre non vedeva l’ora di parlarle e di uscire con lei.
    Quanto adoravo mia madre quel fare dolce e spensierato, sembrava un’adolescente. Giunti a destinazione, presi le valige e la condussi all’entrata. Una schiera di cameriere ci attendevano con il sorriso.
    Guardai Yuki che si sentiva fuori posto, le prese la mano e la condussi dentro.
    “Ti abituerai” le disse, e lei mi strinse dipiù la mano.
    “Bentornato figliolo” i miei mi abbracciarono, Yuki rimase ferma, solo quando mia madre si mostrò a lei, iniziò a farfugliare parole senza senso, lei rise e infine scoppiarono entrambe.
    “Benvenuta Yuki, è un piacere conoscerti, non abbiamo avuto il modo di conoscerti molto e per questo ci rifaremo. Non ti preoccupare, ti proteggeremo” disse mio padre.
    Yuki si rilassò.
    “Kaname mostra la stanza a Yuki” mia madre mi ordinò, stavo per protestare, ma la mano di Yuki mi zittì.
    Forse era troppo presto per dire com’era messo il nostro legame, forse più là.


    Yuki
    Arrivati alla villa Kuran, mi sentivo un pesce fuor dell’acqua, credo che Kaname se ne sia reso conto. Ha fatto del suo meglio per farmi sentire al mio agio, un poco ci è riuscito, ma quando poi sua madre gli aveva detto di mostrarmi la camera mi ero sentita persa. Che cosa credevo di dormire con lui? Qui non eravamo soli, c’erano altre due persone, che di sicuro non ci avrebbero lasciati soli nemmeno per un minuto.
    Disfai con calma le valige, non sapevamo quanto durasse questo viaggio, l’università era stata chiusa nuovamente per problemi causati dal terremoto scorso, forse non tutto era stato riparato.
    Mi appoggiai al letto e costatai che era bel morbido, avrei dormito benissimo.
    La vista da quel punto era favoloso, si vedeva le montagne e tanto verde.
    Il mare era troppo lontano, quanto mi sarebbe piaciuto ritornare a casa mia, dove l’oceano lo potevi toccare con un dito? Forse un giorno o forse mai.
    Tra le cose messe nella valigia trovai una foto di me e di papà, l’ultima volta che lo avevo sentito era stato a Natale, forse era il caso di farmi sentire io. Presi il telefono e composi il suo numero, qualche squillo e poi la sua voce, peccato che era solo la segreteria.
    Non lasciai messaggio, ero ancora arrabbiato con lui.
    Sistemai le ultime cose, per poi avviarmi al bagno.
    Quest’ultimo era bellissimo: le piastrelle d’oro sulla parete, quei giochi d’acqua che davano un tocco di allegria, il lavabo bronzeo, la vasca gigante, la doccia. Mi sentivo in un resort.
    Preferii la doccia, entrai dentro il getto d’acqua e ne uscii totalmente frastornata dal calore.
    Quando uscii dalla stanza, trovai Kaname seduto sul letto, alla sua vista m’imbarazzai e strinsi l’asciugamano che avevo intorno.
    “Doccia?” Chiese, e io annui.
    Si avvicinò sessualmente a me e bloccò la strada chiudendomi in un angolo della stanza, da quando si comportava in quel modo?
    Senza dir nulla, appoggiò la testa alla mia e chiuse gli occhi.
    “I miei sono usciti, ritorneranno più tardi. Posso assaggiarti” disse con calore, io mi sciolsi del tutto; iniziò a far scendere la mano verso il chiodo dell’asciugamano, dove le mie mani lo tenevano saldamente...
    Non riuscivo a parlare, sapevo che intenzioni aveva, perché erano anche le mie.
    Lui con dolcezza sciolse quell’intreccio per poi far scivolare il telo per terra, ero alla sua merce.
    Lui sorrise e mi fece alzare il volto, ero imbarazzata e lui lo sapeva.
    Appoggiò il suo corpo su quello mio e la scarica che ci univa si fece sentire, le sue mani iniziarono a toccarmi, io ero persa, non mi muovevo, non respiravo.
    “Yuki, respira…” aprii la bocca per prendere ossigeno e per poco non svenivo per quella visione.
    “Sei così dolce” disse, mi prese e mi portò sul letto. Mi aveva davanti agli occhi, cominciò con la sua piccola tortura, appoggiando la sua mano sul mio corpo caldo.
    “Dove la vuoi la mia mano?” chiese.
    Dovevo stare calma, calma, ma come si fa a starci se un uomo come lui ti chiede una cosa del genere?
    Respirai a lungo.
    Lui sempre guardarmi mi sfiorò il collo, poi il petto per poi posarsi sul seno. Sorrise, girò il dito sul capezzolo e un nuovo sospiro si fece strada, ma furbo non mi diede tempo di assaggiare quel contatto, perché si spostò, lasciando solo una sensazione amara.
    Sfiorò l’ombelico girandogli intorno, per poi scendere dai fianchi, pizzicò le cosce per poi intrufolarsi in quel nido che non vedeva l’ora, di accoglierlo.
    Mi diede un grosso pizzicotto sul clitoride che mi fece urlare.
    “Sei viva?” rise.
    “…” non avevo parole.
    “Sei così bagnata che mi potrei fare il bagno” ma era maledetto?
    Prego, urlava la mia testa.
    Invece rimasi in silenzio.
    “Ti senti bene?”
    Non usciva nulla dalla mia bocca.
    “Forse è meglio che vada, ci vediamo dopo piccola” scomparendo.
    Rimasi sdraiata in quel letto fino a quando mi risvegliai da quel sogno erotico, era stato sadico.
    “Maledetto!” impernai contro di lui.


    La sera giunse la sala da pranzo era bellissima.
    Il tavolo era ornato da una lunga tovaglia di pizzo, sopra con la porcellana più squisita.
    Kaname mi aiutò a sedermi e poi iniziammo a parlare.
    La cena era servita dalle cameriere che con professionalità spingevano il carello senza far cadere nulla e servivano con facilità, se sarei stato io, avrei combinato un guaio dopo l’altro.
    “Dimmi Yuki che cosa fanno i tuoi genitori?” mi chiese Juuri.
    Indossava un originale vestito bianco con le maniche di pizzo, i suoi capelli scendevano morbidamente.
    “Mio padre lavora in un’impresa di finanze, mia madre è morta dandomi alla luce” le disse.
    Nella sala calò il silenzio.
    “Mi dispiace “ disse mortificata.
    “Non ti preoccupare, ormai ci sono abituata.”
    “E’ stato difficile vivere sola con tuo padre” aggiunse Haruka.
    “Sì, un poco. Ma ce la siamo sempre cavati soli” sorrisi. Per fortuna le cameriere arrivano in quel momento per portare la seconda portata, almeno non toccavano dei tasti dolenti, quegli anni erano stati proprio problematici. Forse nessuno lo sapeva, ma la verità era un’altra. Mamma, una parola grande. Non lo avevo mai conosciuta, poiché mi aveva abbandonata appena nata. Si era lavata le mani, papà ne era rimasto distrutto.
    Lei non esisteva, solo qualche tempo fa, abbiamo scoperto che era morta.
    Io non provai nulla.
    A distrarmi dai pensieri fu Kaname che mi porse la mano per alzarmi, la sala si era svuotata e non me ne ero accorta.
    “Ti accompagno in camera, è tardi” guardai l’orologio e segnava le undici di sera.
    “Non me ne sono accorta”
    “L’ho capito” mi fece condurre davanti alla porta, poi mi baciò e mi lasciò sola.



    Non riuscivo proprio a dormire, mi girava da un lato e l’altro del letto. In fine decisi di alzarmi.
    Mi coprii con la vestaglia e mi avventurai fuori della stanza. La luce era sparita, la mia unica fonte di luce era la luna. Scesi le scale e poi mi avvicinai a una porta che era socchiusa.
    Lì c’erano Haruka e Juuri.
    I due erano seduti, mentre guardavano il camino.
    Poi Haruka prese Juuri e la sdraiò sotto di sé.
    Lo sapevo che non dovevo guardare, ma non riuscivo a muovermi, quella strana sensazione. Era tutto il giorno che quel motivo mi faceva rimanere impalata.
    Li guardai fino a che sentii un rumore come uno strappo.
    Haruka l’aveva morsa.
    Le urla di piacere di Juuri mi fecero rabbrividire, questo era la sensazione che si provava.
    Mi chiedevo se Kaname avesse fame di me, era un vampiro, forse il mio sangue lo avvelenava solamente. Ritornai di sopra con la consapevolezza che quel desiderio non si sarebbe mai esaudito.
    Lui era un vampiro e io una semplice umana.
    Quella favola un giorno all’altro si sarebbe frantumata.
     
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  4. Cassandra Blacke89
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    tu vuoi morire oggi dove la parte proibita?
     
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  5. Cassandra Blacke89
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